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La parola ‘società’ da alcuni sociologi è definita come “l’insieme dell’economia, distinto da e contrapposto a coloro che ne consumavano i prodotti senza contribuirvi con il lavoro”. È esattamente questo il significato di “società civile”, espressione divenuta comune dopo la pubblicazione del saggio omonimo di A. Ferguson (1767).
La divisione che Saint-Simon stabilisce tra “industriali” e “oziosi” è un altro modo di codificare l’opposizione tra la società e gli ordini tradizionali.
Il suo allievo, A. Comte, sarà ancora più esplicito: “Nel nostro linguaggio la ‘società’, la ‘società industriale’, la ‘industria’ sono termini esattamente sinonimi. Si deve quindi convenire che ogni uomo il quale produca in modo utile per la società è, per questo solo fatto, membro della società; che ogni uomo il quale non produca nulla è, per questo solo fatto, al di fuori della società e nemico della società”.
Nel suo libro “La crisi delle democrazie contemporanee”, Antonio Meneghetti scrive, a proposito dell’origine della società, che “sull’origine della società – giuridica, democratica, rappresentativa, di diritto, etc. – bisogna rimettersi ai principi di Thomas Hobbes (…) affinché qualunque uomo non sia lupo all’altro (homo homini lupus), è meglio fare un patto in cui ognuno limita il proprio egoismo, c’è uno scambio, una limitazione di libertà, di arbitrio per ognuno, però tutti, dopo aver tagliato una parte del proprio egoismo e volitività, costituiscono un punto sovrano a tutti, creando lo Stato, il risultato, il prodotto, il pattuito, il confermato, il legalizzato da tutti coloro che si sono autolimitati nel proprio egoismo ed hanno fatto partecipazione a questa unica potestà, autorità, forza. Questo diventa il principio del “giusto”.”

Settembre 1990 – In occasione della consegna del diploma di ontopsicologo honoris causa, Rollo May (1909-1994) – americano, psicologo esistenziale come lui stesso amava definirsi, riconosciuto nel mondo come uno dei padri fondatori della “psicologia umanistica” (approccio teorico e metodologico sviluppatosi negli anni ’60 negli Usa in alternativa agli orientamenti allora prevalenti, psicoanalisi e comportamentismo) – disse che era contento di sapere che finalmente era nato quello che tutti aspettavano.  Ma chi definirebbe come setta una disciplina oggetto di un accreditamento internazionale così rigoroso e qualificato com’è stato per l’ontopsicologia, se non fosse un emerito ignorante e incompetente?

Paraguru” è il titolo di un libro di poesie, dato alle stampe nel 2002 da Massimo Tallei. Tra i titoli editi dalla Psicologica Editrice – che pubblica i libri che trattano di ontopsicologia – solo un volume corrisponde a una raccolta di poesie. In compenso, un’intera sezione del libro di Antonio Meneghetti “OntoArte, l’In SÈ dell’arte” è proprio dedicata alla poesia che, si legge, “in senso etimologico, significa la purezza del fare, il fare puro”. Ed ecco perchè, in senso lato, “qualsiasi funzione che l’uomo, al di là della risposta ai suoi istinti, comincia a produrre come estetica, è arte, è poesia”. Perchè “comincia“? Perchè “prima bisogna vivere, poi si può vivere bene. L’arte comincia dopo il secondo momento”.

Premio Meneghetti 2011

Per tutti coloro che sono impegnati nella ricerca ontopsicologica legata alle tematiche di Fisica, Medicina ed Economia, la Fondazione Meneghetti ha messo a disposizione anche questo anno una somma garantita tramite il Premio Antonio Meneghetti 2011. I bandi e il materiale di approfondimento sono disponibili al seguente link http://www.fondazionemeneghetti.ch/index.php

Fondazione Antonio Meneghetti - Premio 2011

Filosofia ontopsicologica

Secondo Antonio Damasio, il successo o il fallimento dell’umanità dipende in larga misura dal
modo in cui la gente e le istituzioni incaricate di governare la vita pubblica includono nei propri
principi e nelle proprie politiche una visione corretta dell’uomo.
Affinché una qualunque azione sociale sia realmente efficace, è necessario conoscere la dimensione
uomo in tutti i suoi risvolti e le sue sfaccettature. Un’indagine in tal senso è quella propria della
scuola ontopsicologica. Chi è l’uomo? Qual è il suo scopo? Qual è il significato della sua vita?
La ricerca ontopsicologica, formalizzata nei testi di Antonio Meneghetti, rappresenta un nuovo
canale, un nuovo e diverso angolo visuale attraverso il quale si può pervenire ad una risposta
concreta a questi interrogativi di fondo che impegnano la speculazione umana, filosofica e
scientifica, di ogni tempo. Nell’intendimento della scienza ontopsicologica, però, dare risposta a
questi interrogativi significa non solo cogliere il senso metafisico dell’essere uomo in questo tempo
e su questo pianeta, ma anche e soprattutto rintracciare l’informazione elementare che consente a
ciascun individuo di sapere se stesso, di rispondere alla domanda “Chi sono io e che cosa voglio?”.
È tutto scritto: dipende solo da chi legge e da come legge.

Coinquiline scomode

Questa mattina mi è capitato di discutere con un’amica di vecchia data riguardo ad una situazione che ormai la assilla da diversi anni. Anche lei, come me, studia e fa qualche lavoretto il week-end. Mentre io devo stare in una stanza doppia, però, lei ha la possibilità di pagare per una stanza singola. Oggi mi ha raccontato che per l’ennesima volta ha avuto una discussione con una delle due coinquiline e che non ce la fa più a vivere con loro. Ogni giorno gliene combinano una nuova. Sono diversi mesi che non dà esami e sostiene che la causa è da attribuirsi alla poca tranquillità domestica. Allora le ho fatto notare che da quando è all’università ha cambiato già 4 appartamenti
e non si è mai trovata bene con nessuno dei coinquilini. Le ho anche suggerito che non vale la pena arrabbiarsi per cose stupide e che se vuole studiare può andare in qualche biblioteca per stare tranquilla. Ovviamente le ho anche chiesto: “ma non hai mai pensato che forse il problema sei tu e non le tue coinquiline?”. Non l’avessi mai detto! Mi ha subito accusata di essere uguale a loro! Le ho consigliato allora di leggersi alcuni testi di Meneghetti, che a me sono molto utili per capire come vanno le cose della vita. Per esempio ho studiato che la visione della scienza ontopsicologica è proprio “l’uomo protagonista responsabile basato su una virtualità capace di attuazione personale
nell’essere”. Per questo le ho consigliato qualche buona lettura così invece di concentrarsi su improbabili coinquiline scomode, può chiedersi se non sia il caso di assumersi qualche responsabilità nelle cose della sua vita.

Il seme

Sono da sempre un’appassionata di filosofia, e un autore in particolare ha segnato la mia adolescenza, perché è sulle sue affermazioni che mi sono spesso soffermata nel tentare di dare una risposta ai miei interrogativi esistenziali tipici di questa età: chi sono io e come devo costruire la mia vita? Questo autore è Kierkegaard, secondo il quale la vita è una continua possibilità e una continua scelta ed è, quindi, per l’uomo, fonte di continua angoscia perché le infinite scelte possibili implicano, necessariamente, infinite rinunce e infiniti dubbi circa l’opportunità delle decisioni adottate, decisioni che sono determinanti per il futuro e che possono condurre anche all’annientamento. È sulla base della constatazione della verità di questa infinita possibilità di essere che mi sono sempre chiesta, negli anni successivi all’adolescenza, quale potesse essere la mia bussola esistenziale, quale punto potesse darmi la certezza della bontà delle mie scelte. Questo interrogativo ha accompagnato la mia vita sino a quando, leggendo dei testi di ontopsicologia, ho trovato un riscontro che mi è subito sembrato interessante: all’interno di ciascun essere umano esiste un progetto virtuale (pensiamolo come se fosse un seme di un albero) che fa da costante parametro per distinguere ciò che è bene e funzionale per sé da ciò che non lo è, ciò che lo conduce alla felicità e alla realizzazione da ciò che, viceversa, lo porta all’infelicità (per il nostro seme per esempio, quale acqua, quale terreno, quale vento, quale temperatura produce metabolismo e crescita e invece quali condizioni lo fanno seccare o crescere meno). Questo parametro è ciò che la scienza ontopsicologica chiama In Sé ontico ed è quello che fa la misura di tutte le possibili scelte esistenziali e che nei suo testi Antonio Meneghetti spesso paragona proprio ad un seme.

Non si deve pensare ad una confusione fra le due funzioni: la psicologia non può sostituire la medicina e viceversa. Per essere chiari ed evitare ogni fraintendimento, quando si dice che la scuola ontopsicologica cura con “esclusione” medica non significa che si taglia fuori in senso assoluto l’intervento medico; piuttosto significa che all’interno della psicoterapia ontopsicologica non vengono prescritti farmaci e che, allo stesso tempo, lo psicoterapeuta non interferisce con le cure mediche che il paziente sta seguendo o deve seguire. Ci sono casi, infatti, dove si può agire esclusivamente attraverso l’analisi psicoterapica, così come ci sono casi che implicano l’intervento sia da parte medica che psicologica. Il campo medico si conferma indispensabile per rimuovere le effettualità patologiche che, se lasciate, diventano a loro volta causa di ulteriori alterazioni. Bisogna però ricordare che la medicina da sola non può essere risolutiva perchè non agisce e non cambia lì dove viene disegnata la strategia della malattia, cioè nella psiche.
Ma i vantaggi per il medico che derivano dalla conoscenza del metodo ontopsicologico sono indubbi: il medico per la prima volta ha una possibilità di qualificazione che gli consente di procedere sotto la guida di un faro esatto e, quindi, di intervenire in maniera funzionale, cioè mirata ed efficace, all’interno del processo di cura che è primariamente psichico.Questo si traduce per il medico anche in una maggiore soddisfazione nell’esercizio della professione, nell’acquisizione di una superiore leadership (il cui valore terapeutico è riconosciuto da tutti) e in una maggiore economia del proprio operato.

Dal 15 al 22 Marzo 2010 ricorre la settimana mondiale del “cervello”. L’iniziativa vede coinvolte le Società Neuroscientifiche di tutto il mondo e, da quest’anno, anche la Società Italiana di Neurologia. Dibattiti, conferenze, seminari e laboratori di ricerca che aprono le porte al pubblico sono alcune delle iniziative schedulate, volte ad aumentare la conoscenza sui progressi della ricerca nel campo delle neuroscienze.

Tanto per fare un esempio, uno degli ultimi settori di specifica applicazione delle neuroscienze è il marketing. Le tecniche di visualizzazione cerebrale permettono la valutazione dei correlati neurologici del comportamento del consumatore e delle sue risposte alle varie marche e prodotti (es: efficacia e capacità di memorizzazione di uno spot TV). Insomma, lo scenario che si paventa è quello di ricorrere alle neuroscienze per comprendere l’impatto delle tecniche di marketing ed evidenziare magari il “bottone dell’acquisto”. Il neuromarketing vuole essere solo un esempio di quali scenari possa aprire l’applicazione delle neuroscienze al più vasto ambito del sociale. Non a caso, gli scienziati che si occupano di questi temi di ricerca hanno coniato il termine di neurotica, in riferimento alla tutela della privacy dei dati di funzionamento cerebrale degli individui e delle loro implicazioni, analogamente a quanto avviene per la ricerca genetica.

Insomma, è davvero sufficiente visualizzare i neuroni e capire le loro connessioni per spiegare e prevedere il comportamento umano? In un articolo pubblicato sulla rivista “Performance Lider” nel 2008, il Prof. Antonio Meneghetti ribadisce al riguardo che “il neurologo può stabilire la funzione ordinaria dello psico-organico uomo. Ma non coglierà mai competenze psico-razionali ad uno specifico settore perché questo è forma intenzionale. Questa è una presenza che si rivela solo dopo la fenomenologia sensoria. Di fatto quella forma intenzionale è apriorica. Cioè non percepibile dalle misurazione elettromagnetiche e simili. Quindi, qualsiasi criterio delle neuroscienze in quanto tali confrontano effetti con totale sconoscimento delle cause”. In sintesi, “l’infinita dialettica dell’immaginifico dell’inconscio, esige una superiore formazione non certamente riducibile all’esperienza neurologica”.

Un’immagine che aiuta a capire come funzionano i nostri neuroni è quella del circuito elettrico. A seconda di come è costruito e dello stato in cui si trova (aperto/chiuso), l’energia può circolare o no. L’abitudine e gli automatismi strutturano nel tempo i neuroni secondo un certo stato o conformazione. Questo implica che il soggetto, quando impatta il mondo e le situazioni della vita, è condizionato a vedere le cose e a interpretarle secondo quel certo schema fisso. In altre parole, il soggetto seleziona nell’ambiente sempre quel particolare o dettaglio che “calza” all’interno di quel circuito pre-costituito. Anzi, diventa sempre più rapido e abile nel riconoscere questo specifico dettaglio! D’altra parte, è senz’altro più comodo fare sempre la stessa strada piuttosto che doversi “sforzare” a trovarne una nuova…

Il problema è questo schema (un modo di pensare o di comportamento) non ha corrispondenza con il reale: interpretiamo le situazioni in modo errato perché da pochi dettagli, ricostruiamo un intero quadro completandolo con altre informazioni che non sono reali, ma che sono immagazzinate nella memoria. In sostanza, le informazioni nella memoria formano un pacchetto-dati che si sovrappone, si associa e si sostituisce alla lettura del reale attuale. Tutto questo viene alimentato dalla pigrizia del soggetto, che accetta la comodità di questo pacchetto “pronta-consegna” ritenendolo sempre valido.

Questi elementi sono la base per cominciare a capire cosa si intende nell’approccio ontopsicologico quando si parla di pre-orientamento del soggetto. Uno dei passaggi chiave che questa scienza ha individuato è che questa abitudine e comodità non sono il frutto di un’attitudine naturale del soggetto. Avendo individuato i meccanismi che innescano questi processi, infatti, l’Ontopsicologia spiega che è possibile “sensibilizzare” il soggetto attraverso un training preciso e continuo, permettendo alle sue strutture neuronali di recuperare quella flessibilità che è già prevista nel potenziale di natura del nostro organismo.